Quando il taxi si fermò di fronte al castello di Valpollicella1 il sole era già calato oltre le cime delle montagne che circondavano la vallata. Un vento freddo ululava tra le fronde degli alberi e la luce della Luna era oscurata da delle dense nuvole che la coprivano parzialmente.
Sul portone del castello una lampada mandava una fioca luce giallastra che sembrava volesse spegnersi ad ogni folata di vento più forte delle altre.
Scendendo dal taxi mi chiesi se fosse un effetto voluto o se veramente le linee elettriche di quella zona fossero cosi poco affidabili da essere messe in crisi da un po’ di vento.
- Il suo bagaglio mister! – mi disse con un accento strascicato l’autista del taxi porgendomi una piccola sacca da viaggio. Si vedeva lontano un miglio che non gli piaceva stare li.
Aveva fatto il viaggio dal paese di Dog2 al castello costantemente sopra i cento chilometri orari, rischiando spesso di finire fuori strada, per cercare di arrivare prima che calasse il sole. Cosa che era risultata però impossibile.
- Grazie! – lo ringraziai allungandogli quanto pattuito per la corsa più un extra, poi presi la sacca e mi voltai verso il portone di ingresso del castello. Con uno stridio di pneumatici ed un rumore di ghiaia sbalzata via sentii il taxi allontanarsi di corsa.
Sembrava di essere in uno di quei vecchi film di vampiri, quando l’eroe giunge nel paesello sperduto e chi lo ha accompagnato scappa a gambe levate.
Ma quello non era un film horror e in quel castello non ci abitava di certo il conte Dracula.