Fallout 3 - Postman
cap 1 - C’è posta per te
by: suinogiallo
Well, they say that you can never, never go back home
And if you're bound to wander, you're bound to be alone,
You say I've got no right, to feel what I feel
When I look into your eyes
But that I dream of you most every night
Comes as no surprise
Well, I've been out on this road, on my own
Far and wide, do I roam
But something in your eyes tells me
I'm almost home
(Jono Manson - Almost Home - soundtrack of The Postman)
-
Sceriffo! - la voce di Joel, una delle guardie al cancello d'ingresso
di Megaton riecheggiò all'improvviso - Sceriffo Simms, corra! -
-
Cosa diavolo c'è Joel! - urlò a sua volta lo sceriffo Lucas Simms
correndo con il fucile in mano verso il cancello pronto a dar battaglia.
-
Se si tratta di nuovo di un falso allarme giuro che ti prendo a calci
nel culo da qui fino a Rivet City! - urlò poi raggiungendo il cancello
trafelato.
-
Sceriffo - lo guardò il ragazzotto con l'aria di uno che si stava
pentendo di essersi messo a strillare come un'oca impaurita - c'è un
tizio di fuori! -
-
Se non è alto due metri e mezzo ed è verde prepara il tuo culo! - lo
guardò trucemente lo sceriffo passandosi una manica dello spolverino
sulla fronte per detergersi dal sudore.
-
No sceriffo - mormorò sempre più convinto che aveva commesso un
terribile errore a mettersi a strillare in quel modo - non è verde ed è
alto quanto lei! -
- Joel! - sibilò Simms - Chi diavolo c'è fuori dal cancello? -
-
Dice di essere un postino e di avere una lettera per il vagabondo del
vault 101! - disse tutto di un fiato aspettandosi di ricevere
immediatamente dopo aver terminato la frase un calcio di quelli che non
ti fanno sedere per mesi.
- Un cosa? - disse invece lo sceriffo.
-
Joel, ragazzo mio - scrollò la testa - ti ricordi dove siamo? Cos'è
successo parecchi decenni or sono? Che cosa c'è li fuori? - poi,
alzando la voce - Cosa cazzo vuol dire che c'è un postino? Chi cazzo
vuoi che si metta a scrivere lettere? E soprattutto, chi cazzo vuoi che
si metta a consegnarle? - poi armò il fucile e, scostato bruscamente il
ragazzo si diresse verso il cancello.
La
guerra che aveva contrapposto gli Stati Uniti alla Cina e che era
terminata con il quasi annientamento totale dell'umanità aveva lasciato
un mondo allo sbaraglio. Quasi tutte le città avevano subito pesanti
danni dai bombardamenti e quella che una volta si poteva chiamare
civiltà era andata bellamente a farsi friggere. Non c'era più legge, se
non quella del più forte, non c'erano più istituzioni. Non era rimasta
più nessuna vestigia di quella che una volta era stata una delle più
grandi e potenti nazioni del mondo.
E in tutto questo anche i postini si erano estinti.
Non
che anche prima se la cavassero tanto bene a dirla tutta. Con l'avvento
dei terminali e della posta elettronica quasi più nessuno scriveva
lettere e il servizio postale degli Stati Uniti si era ridotto a poco
più di un servizio di corrieri.
Figuriamoci se dopo tutto quel gran macello c'era qualcuno che si era preso la briga di riorganizzare un servizio postale.
- Vediamo questo tizio! - disse poi Simms aprendo il cancello ed uscendo fuori.
-
Buongiorno! - venne salutato improvvisamente da un giovanotto vestito
con una blusa e dei pantaloni blu e con in testa un cappello sul quale
spiccava un cerchietto di metallo con impresso un tizio in groppa ad un
cavallo - E' il vagabondo del vault 101? -
Simms
lo squadrò per alcuni secondi. Non sembrava pericoloso anche se il
fucile che si portava appeso a tracolla dietro la schiena non sembrava
stesse li solo come ornamento.
Stava
per rispondergli quando lo vide armeggiare con un borsone che si
portava appeso alla spalla. Velocemente Simms alzò il fucile e glielo
puntò contro.
-
Non ti consiglio di provare a fare scherzi! - lo minacciò. Quasi nello
stesso momento si udì chiaramente il rumore di altri fucili che
venivano armati.
-
Calma! - sorrise allontanando le mani dal borsone - Nessuno scherzo! -
poi, indicando di nuovo il borsone chiese il permesso di cercarvi
qualcosa dentro.
- Lentamente! - annuì Simms tenendo sempre il dito sul grilletto.
-
Adesso capisco perché questa tratta non è mai stata coperta! - continuò
a sorridere iniziando a frugare dentro il borsone - Se trattate sempre
cosi i visitatori immagino che riceviate davvero molta poca posta! -
- Non riceviamo posta! - scrollò la testa Simms.
-
Eccola qui! - disse improvvisamente il ragazzo tirando fuori dal
borsone una busta bianca - Per il signor vagabondo del vault 101! - poi
fece l'atto di porgergliela ma, all'improvviso, ritirò indietro la mano
- E' lei il destinatario? -
-
Io sono lo sceriffo, e sindaco a tempo perso, di questa comunità! - gli
rispose - Watarù, il vagabondo del vault 101, è dentro! - poi
allungando una mano - Gliela consegnerò io! -
- Mi dispiace ma la posta è personale e posso consegnarla solo al destinatario! - gli rispose il giovanotto.
-
E a me dispiacerebbe molto sprecare una pallottola! - ghignò lo
sceriffo continuando a tenerlo sotto mira - Certo, giovanotto, che tra
le tante idiozie che ho sentito la tua è davvero la migliore! Un
postino? -
- Si signore, sono un postino! - ribattè il giovanotto - Ed ho una lettera per il vagabondo del vault 101! -
-
D’accordo, d’accordo! - sbuffò lo sceriffo Simms - Joel, vai a chiamare
Watarù. Digli che c’è posta per lui - poi, si voltò di nuovo verso il
giovanotto - Ti avverto, se si tratta di uno scherzo, o peggio ancora,
di una trappola per il vagabondo il primo che finirà con un buco in
pancia abbastanza grosso da farci passare un bramino sarai tu! -
Il vagabondo del vault 101 raggiunse la porta di Megaton pochi minuti dopo accompagnato da Ran e da Moira.
Joel
lo aveva raggiunto nello spaccio della ragazza e lo aveva avvisato che
alla porta c’era una persona che lo cercava e che lo sceriffo Simms era
alquanto dubbioso della storia del giovanotto che dichiarava di essere
un postino e di avere una lettera per lui. Per questo sia lui che le
due ragazze si erano premunite di portarsi dietro una pistola e un
disgregatore molecolo-nucleare. Quest’ultimo, a dir la verità, se lo
era portato dietro Moira ansiosa di provarlo su qualcosa di diverso che
delle lattine e delle casse.
Watarù
si avvicinò lentamente al giovanotto tenendo la pistola nella fondina.
La prassi, in altre situazioni, sarebbe stata quella di avvicinarsi
tenendo la pistola spianata e puntata contro il tizio ma sapeva che, in
quell’occasione, poteva fare a meno di tutta quella prudenza. Non solo
lo sceriffo Simms e altri tre suoi uomini stavano tenendo sotto mira il
giovanotto ma sapeva anche che Ran, da dietro di lui, aveva estratto la
pistola e lo stava tenendo sotto mira. Da qualche tempo la ragazza
aveva iniziato a esercitarsi anche con la pistola e la sua mira era
aumentata ancora di più.
-
Mi dicono che hai una lettera per me! - disse Watarù arrivando davanti
al giovanotto che, per nulla intimorito, sostenne lo sguardo del
vagabondo.
-
Se lei è il vagabondo del vault 101, si! - rispose - Posso avere una
prova che lei è davvero il destinatario di questa lettera? -
- Al diavolo! - sbotto Simms - Riempiamolo di piombo e facciamola finita! -
- Deve fidarsi della mia parola - mormorò tranquillamente Watarù.
Il postino ci pensò su qualche secondo poi decise che poteva fidarsi e con fare cerimonioso consegnò la busta bianca a Watarù.
-
C’è scritto che il mittente è l’ufficio postale centrale di New Vegas -
gli disse Watarù leggendo cosa c’era scritto sulla busta - fate parte
del Mojave Express? -
-
No signore - rispose prontamente il giovanotto - noi ci occupiamo solo
di recapitare la posta e non abbiamo nulla a che vedere con il Mojave
Express! -
- Una compagnia concorrente, quindi! - mormorò Watarù - E cosa vorrebbe da me questo ufficio postale centrale? -
-
Non lo so, signore! - rispose il postino - Io mi limito solo a portare
la posta, non so cosa contenga e mi è fatto assoluto divieto di leggere
la posta! -
- D’accordo! - annuì infine Watarù - Lascia il fucile allo sceriffo e seguimi, immagino che avrai sete, e fame! -
-
In effetti signore! - sorrise - Il nostro motto è consegnare in fretta,
ovunque vogliate, e per rispettarlo ho corso come un dannato! -
- Da New Vegas a qui è davvero un bel viaggio - concordò lo sceriffo Simms - sono quasi quattromila chilometri!i -
-
Tremila e ottocento per l’esattezza - lo corresse il postino - ma non
le ho fatte tutte a piedi. In parte le ho fatte con una bicicletta -
L’ingresso del postino a Megaton venne accolto dalla popolazione quasi in religioso silenzio.
Quella
era la prima volta che arrivava qualcuno da così lontano. Sapevano che
c’erano servizi di corrieri sparsi un po’ per tutti gli Stati Uniti ma
di solito nessuno operava su distanze così considerevoli e quindi,
ricevere la visita di un postino, per di più da New Vegas, non era
davvero una cosa di tutti i giorni.
Dal canto suo, anche il giovanotto, si guardava intorno con aria sorpresa.
Il
rumore di quello che faceva il vagabondo del vault 101 era giunto anche
dalle sue parti e da quello che si diceva doveva essere un tizio che
cacava granate dal culo e che aveva al posto delle braccia delle
mitragliatrici laser. Diamine gente, girava persino una storia che
diceva che aveva abbattuto un behemot con uno sputo. Ed anche il posto
doveva viveva doveva essere all’altezza di quelle storie. Con tutti i
tappi che doveva aver guadagnato doveva vivere in una specie di reggia,
con decine di servi e altrettante donne.
Ed
invece, eccolo li, il vagabondo del vault non era altro che un normale
ragazzo che doveva avere press’a poco la sua stessa età, viveva in un
buco di paese e a quanto sembrava aveva solo una donna. Gracilina anche!
Si
disse che forse Taritha, la fondatrice del servizio postale di New
Vegas, aveva sbagliato a fidarsi delle voci sul vagabondo e quel suo
viaggio fosse stato inutile.
Già, perché Kevin, il postino, sapeva quello che la busta conteneva. Una richiesta di Taritha per il vagabondo del vault 101.
Il
sistema di comunicazione tramite lettera degli Stati Uniti è al momento
in mano a piccole compagnie di corrieri locali che si preoccupano più
di consegnare grossi carichi o mercanzie che singole lettere, con tempi
di consegna a volte lunghi se non lunghissimi. La mia compagnia,
invece, si prefigge di consegnare la posta nel minor tempo possibile e
in tutti gli Stati Uniti.
Per far questo mi servono uomini e donne di comprovata fiducia ed abilità come può essere, ad esempio, lei.
Le
chiedo, quindi, di voler aiutare Kevin, il postino che le ha recapitato
questa mia lettera, a fondare a Washington o nelle sue vicinanze una
sede del mio servizio di consegna postale e a reclutare postini degni
di fiducia.
In cambio del suo aiuto Kevin è autorizzato a versarle ogni mese, per cinque anni, il dieci per cento dei ricavati della sede.
Firmato Taritha Johnson.
Watarù
lesse con attenzione la lettera e poi la passò a Ran che, dopo averle
dato un rapido sguardo, aveva imparato a leggere ma aveva ancora
qualche difficoltà, la passò allo sceriffo Simms. Per ultima venne
Moira che, dopo averla letta, si lasciò andare ad un ghigno.
-
La maggior parte della gente vive in posti come questi e difficilmente
se ne va in giro - disse poi guardando Kevin - ed anche se fosse, a
meno che non sia pieno di tappi o di beni commerciali difficilmente
qualsiasi altro posto lo accetterebbe! -
-
Quello che Moira intende - intervenne lo sceriffo Simms - è che qui non
c’è un esercito regolare come a New Vegas e quindi le famiglie non
scrivono ai loro figli o ai loro mariti lontani! Qui tutti quelli che
si conoscono vivono nello stesso posto e non si scrivono lettere! -
- Commercialmente parlando, insomma, non durereste cinque mesi! - concluse Moira.
Kevin
li guardò con un’aria sorpresa. Non si era aspettato di certo che
facessero festa sentendo quella proposta ma non si era neanche
aspettato una risposta del genere.
A
New Vegas e nelle zone vicine la gente che scriveva lettere era davvero
tanta, raramente gli era capitato di partire per un giro di consegne
con solo tre o quattro lettere, di solito aveva il borsone quasi sempre
pieno.
Era
vero che spesso le lettere erano di mogli o figli con il padre
impegnato su qualche fronte, o contro i predoni o contro la Legione di
Cesare, ma a volte erano anche lettere indirizzate ad amici o parenti
che vivevano in altri paesi.
Non
riusciva a concepire un posto in cui la gente non si scriveva. Per
darsi gli auguri per una pronta guarigione da una ferita di caccia o
per chiedere se avevano dei pezzi di ricambio per un purificatore
dell’acqua o per un fucile, o semplicemente per dirsi che erano vivi e
che stavano bene.
- E, sentiamo - intervenne di nuovo Moira - a quanto vi fareste pagare questo servizio? -
-
Un tappo per la consegna normale, il postino parte una volta a
settimana, e cinque tappi per la consegna rapida, il postino parte non
appena viene versata la tariffa - rispose prontamente Kevin.
-
Sono d’accordo con Moira - disse poi Watarù riprendendo la lettera -
scriverò a questa signora Taritha ringraziandola per l’offerta - poi
prese da sopra un bancone una matita e iniziò a scrivere sul retro del
foglio - nel frattempo mangia e bevi pure quello che vuoi, poi lo
sceriffo Simms ti troverà un posto dove passare la notte e domani
ripartirai! -
-
E’ sicuro di questa sua scelta? - gli chiese Kevin - Non le stiamo
chiedendo di rischiare qualcosa di suo ma solo di aiutarci a trovare un
posto dove mettere la nostra sede e a scegliere i postini, poi lei non
dovrà fare altro che attendere che io le versi la sua quota! -
-
Dei tappi mi interessa poco! - gli rispose il vagabondo sollevando la
testa dalla lettera che stava scrivendo - E ancor meno mi interessa
immischiarmi in una cosa del genere! - poi tornò a scrivere la lettera.
Kevin rimase in silenzio per un po’, poi decise che quel colloquio era comunque terminato e si alzò dirigendosi verso la porta.
-
Consegni lei la lettera! - disse prima di uscire - D’altronde a voi non
serve un servizio postale! - e se ne andò sbattendo la porta.
- Figlio di puttana! - urlò lo sceriffo Simms correndogli dietro.
- Cosa hai intenzione di fare? - domandò a Watarù Ran guardandolo.
-
Nulla! - rispose riponendo la penna - Cosa pensavi? Che sarei partito
come un razzo verso New Vegas per consegnare questa lettera? -
- Si - sorrise.
-
Da qui a New Vegas ci sono una quarantina di giorni di marcia se tutto
va bene e, poi, occorre tornare indietro - le disse - nella migliore
delle ipotesi un viaggio di tre mesi attraverso tutti gli Stati Uniti! -
- Non che la cosa non mi attiri - le confessò poi - ma non mi va di imbarcarmi in un viaggio del genere! -
-
E se potessi farlo in meno tempo? - intervenne improvvisamente Moira -
Forse io posso... - si interruppe improvvisamente guardando Ran. Le due
erano diventate nel tempo grandi amiche ed avevano imparato a
conoscersi. Lo sguardo che Ran le aveva lanciato voleva dire che forse
avrebbe meglio a stare zitta.
Per qualche secondo nella stanza calò un silenzio quasi palpabile che alla fine venne rotto da Ran.
- Scusami Moira - le sorrise - non sono arrabbiata, te lo giuro! -
-
Mi ha colto di sorpresa il fatto che Watarù abbia deciso di non partire
- continuò - ed ancora di più mi hai colto di sorpresa tu con quella
tua frase -
-
Già! - intervenne Watarù - Cosa intendi con la possibilità di poter
fare un viaggio di tremila e ottocento chilometri in meno tempo? -
-
Non ti dirò nulla a meno che tu non prometta che sarà Ran a decidere
cosa fare! - disse decisa Moira guardando Watarù. Le si leggeva in
faccia che era ansiosa di svelare a quale diavoleria stesse lavorando
ma si stava trattenendo.
-
Come sempre, d’altronde! - sorrise il vagabondo del vault 101 -
D’accordo, sarà Ran a decidere cosa farò! - poi si voltò verso la
ragazza dai capelli rossi - D’altronde se decidessi di andare contro la
sua volontà e poi non tornassi, non me lo perdonerebbe mai! -
- E non verserei neanche una lacrima! - sorrise poi Ran.
-
Andiamo nel mio spaccio - disse infine Moira alzandosi e dirigendosi
verso la porta morendo dalla voglia di far vedere al vagabondo la sua
ultima invenzione.
- Vi presento la Brown 31.10.20080
- disse con un tono di fierezza nella voce togliendo un telone da sopra
quella che a prima vista sembrava una motocicletta con attaccato una
specie di carrozzino.
- Un sidecar? - mormorò Watarù guardando la cosa che Moira gli stava mostrando - Ne ho viste alcune foto quando ero nel vault -
-
Ho sostituito il motore a combustione con un più performante motore
elettrico alimentato dalle normali celle a microfusione che si usano
nelle armi - iniziò a spiegare - ed ho regolato l’altezza delle ruote
in modo da permetterle di viaggiare anche su terreni accidentati. La
ruota del carrozzino è motrice e questo aumenta la stabilità e
l’aderenza sul fuoristrada -
-
Se dovesse servire, poi, gli ho adattato il sistema di propulsione di
un Mister Handy per permettergli di alzarsi da terra e superare
ostacoli altrimenti non superabili - aggiunse poi.
- E questo coso, cammina? - domandò perplesso Watarù.
Sapeva
che esistevano mezzi di trasporto. In giro per la zona contaminata
aveva visto decine di vecchie auto e vecchie moto ridotte ormai a
rottami, ma non credeva possibile che qualcuno riuscisse a far
camminare uno di quei cosi1.
-
Certo che cammina! - disse quasi piccata Moira - E non solo, corre
anche! - poi, facendo il suo solito sorriso fanciullesco - Certo, non
ho avuto ancora modo di testarla su strada, ma sono sicura che
funzionerà! -
Watarù la guardò ancor più perplesso.
Le
invenzioni di Moira erano famose per non funzionare e per avere la
tendenza ad esplodere quando meno uno se lo aspetta. Pensare di fare un
viaggio di quasi quattromila chilometri in sella ad una specie di bomba
atomica ad orologeria non era proprio una cosa che lo attirasse.
Il
pensare di far fare quel viaggio anche a Ran, poi, era fuori
discussione. Esattamente come era fuori discussione il cercare di far
rimanere a casa Ran.
Ci
aveva provato qualche volta in passato ed una volta, visto che comunque
non riusciva a convincerla a rimanere a casa, era anche sgattaiolato
via di casa di notte per evitare che la ragazza lo seguisse.
Quando
era tornato aveva trovato Ran ad aspettarlo fuori dalla porta di casa
con in mano una padella. Ragazzi, avreste dovuto vedere che scena. Il
vagabondo del vault 101, l’eroe dell’umanità, inseguito per tutta
Megaton da una ragazza armata di padella.
Da allora aveva deciso che a meno che non fosse Ran a scegliere di non seguirlo lui non avrebbe più provato a dirle di no.
-
Credo che rimarrò a casa! - disse improvvisamente - Ti ringrazio Moira,
ma dubito che questa tua cosa, questo sidecar possa fare più di un paio
di chilometri prima di trasformarsi in un fungo atomico e, non mi va di
rischiare! - poi si voltò e lasciando da sole le ragazze uscì dallo
spaccio.
Gli
dispiaceva, in fondo, comportarsi così con Moira. Quella ragazza si
dava sempre tanto da fare per creare cose utili alla gente ma doveva
fare i conti con la realtà. Il più delle volte le cose inventate da
Moira o non funzionavano o funzionavano decisamente troppo, e fin
quanto era solo lui a provarle poteva anche andare, ma non aveva
nessuna intenzione di mettere a rischio la vita di Ran.
Ran rimase in silenzio a guardare Moira.
Non
poteva credere che Watarù le avesse risposto così. Non tanto per il
fatto che si era rifiutato di provare un’invenzione della ragazza ma
per il tono. Deciso e quasi freddo. Ed aveva visto il volto di Moira
mentre il ragazzo pronunciava quelle parole.
Era ferito.
Era la prima volta che vedeva Moira in quello stato e le stava facendo male.
Quando
era arrivata per la prima volta a Megaton, insieme al vagabondo,
l’unica a starle accanto era stata proprio Moira. Le altre ragazze
l’avevano ignorata mentre i ragazzi e gli uomini, beh, per loro era
solo un bel culetto che camminava e più di una volta li aveva sentiti
dire che quando Watarù si sarebbe stancato di lei ci sarebbe stata la
fila al saloon di Moriarty, l’unico posto dove sarebbe potuta andare.
Quando
disse questa cosa a Moira, non riusciva a capire perché sarebbe dovuta
andare proprio in quel posto, la ragazza per poco non esplose
minacciando di prendere a calci nel culo tutti i maschi di Megaton.
Le
cose adesso andavano meglio, merito anche dello sceriffo Simms che si
era premurato di far correre la voce che avrebbe preso lui a calci
chiunque avesse le avesse mancato di rispetto, ma Moira era comunque
rimasta la sua migliore amica e vederla perdere per un attimo il
sorriso le fece male.
-
Non ti preoccupare - le disse improvvisamente la proprietaria dello
spaccio vedendola con lo sguardo basso - Watarù non ha tutti i torti in
fondo! - poi prese il telone e con l’aiuto di Ran tornò a coprire di
nuovo la moto - Non l’ho provata su strada ed è vero che qualche mia
invenzione di tanto in tanto ha la malsana abitudine di esplodere -
- Si, ma non doveva... - cercò di dire Ran.
- E’ preoccupato per te! - la interruppe Moira - E lo sono anche io! E dovevo pensarci prima di proporre questa cosa! -
- Ma adesso che ne dici se ce ne andassimo alla Lanterna d’Ottone per farci una mela Dandy Boy? - sorrise infine Moira.
Watarù,
appena uscito dallo spaccio di Moira, si diresse verso il cancello di
ingresso di Megaton. Aveva visto l’espressione che Moira aveva fatto
mentre lui le diceva che non avrebbe usato la sua invenzione ed aveva
visto, poi, anche l’espressione di Ran.
Era
legato ad entrambe le ragazze anche se per motivi diversi, amava Ran e
voleva bene a Moira come fosse una sorella maggiore, ed in un colpo
solo era riuscito a ferirle entrambe.
Davvero un bel risultato, si disse, camminando a passo svelto.
Ma quello che in quel momento gli stava facendo più male era l’espressione afflitta che aveva fatto Moira.
Sapeva
di aver fatto la cosa giusta, quel sidecar avrebbe potuto rappresentare
un grosso pericolo sia per lui che per Ran, ma se solo non fosse stato
così rude.
Le
avrebbe potuto proporre di condurre un test su strada prima di partire.
Da solo, se avesse notato qualcosa che non andava, avrebbe potuto
saltar via e mettersi al riparo. Aveva una armatura atomica da qualche
parte e anche se l’esplosione fosse stata vicina non avrebbe corso
rischi.
Quest’idea
iniziò a formarglisi nella mente e stava quasi per girarsi e tornare
allo spaccio per dirlo a Moira quando venne fermato dallo sceriffo
Simms.
-
Ho spedito il postino alla casa comune dando ordine che qualcuno gli
porti cibo e acqua e che lo controlli - gli disse - al contrario di te
io non mi fido mai ciecamente del primo che incontro e prima quel tizio
leva le tende da Megaton e meglio mi sentirò! -
- Non sei stato così duro con me quando sono arrivato qui! - sorrise Watarù.
-
Ti ricordi male - sorrise a sua volta lo sceriffo - non ti ho levato
gli occhi di dosso per giorni convinto che prima o poi facessi qualcosa
di sbagliato! -
- Cosa hai intenzione di fare? - gli domandò poi - Vai a New Vegas a giocare al casinò? -
- Non credo - mormorò - è un viaggio troppo lungo e non mi va di allontanarmi così tanto da casa! -
-
Ran alla fine è riuscita a metterti la testa a posto - ghignò lo
sceriffo - se fossi in te mettereì da parte anche la ricerca di tuo
padre e mi sistemerei definitivamente. Tu e Ran non avete malattie da
radiazioni, siete giovani, potreste sfornare anche tre o quattro
marmocchi e contribuire alla ripopolazione degli Stati Uniti! -
-
Questa è una cosa alla quale penserò - sorrise guardandolo - Lucas, tu
cosa pensi di questa storia dei postini? Credi possa essere utile? -
-
Come la merda di bramino - rispose senza pensarci due volte - posso
capire i corrieri, quelli che portano merci, così come i mercanti che
vanno da una città all’altra. Sono utili, vendono e riparano cose,
trasportano merci, ma un postino? Cosa diavolo porta? Delle lettere?
Che utilità può avere? -
-
Forse tenere unita la gente? - osservò - Sai, è la stessa cosa che mi
chiedevo all’inizio di Tre Cani. A che cosa serviva un tizio fuori di
testa che ululava alla radio mettendo sempre gli stessi dischi? -
-
Poi ho visto le radio accese non solo qui a Megaton, ma anche a Rivet,
ad Arefu e in tutti i posti dove sono andato - continuò - con tutta
quella gente che ascoltava questo tizio! Alla fine non serve a nulla,
non fa nulla, a parte rompere i coglioni con i suoi aggiornamenti
quotidiani su quello che faccio, ma è una costante, un trait d’union tra posti diversi, gente diversa che, grazie a lui si sente facente parte di un unico posto! -
- Forse alla fine, la loro idea non è del tutto sbagliata - concluse infine Watarù.
-
E allora che lo creasse, questo dannato ufficio postale! - quasi sbottò
lo sceriffo Simms - Ma non qui a Megaton! Abbiamo già troppi problemi e
non vorrei aggiungervi anche quello di dover aprire uno sportello per
la consegna della posta nel cancello! -
-
Potrebbe farlo a Big Town - suggerì Watarù - il posto adesso è
abbastanza tranquillo ed è la meta dei ragazzi che escono da Little
Lamplight, potrebbero essere dei buoni postini se venissero ben
addestrati! -
-
E’ in posizione centrale nella zona contaminata, e potrebbero
raggiungere da li tutti i centri abitati della zona - aggiunse lo
sceriffo Simms - andrò a suggerirglielo, gli fornirò anche una guida
per trovarlo, e gli darò anche una bella pacca sulla schiena. Basta che
si levi dai coglioni il prima possibile! -
- Cuore d’oro! - rise infine Watarù.
-
Moira non è arrabbiata con te - disse improvvisamente Ran girandosi
verso Watarù nel letto - ed anche io non lo sono! - poi gli diede un
leggero bacio su di una spalla - Hai paura che quella cosa, come l’hai
chiamata, sidecat2 possa esplodere ed hai paura che lo possa fare con me seduta dentro quella specie di carrozzino -
- Si chiama sidecar - la corresse sorridendo e voltandosi verso di lei.
Quella
sera a cena Ran non aveva accennato per niente a quello che era
successo nello spaccio di Moira e Watarù si era guardato bene dal
portare li il discorso. Non che non lo volesse affrontare ma lo voleva
fare dopo la prova su strada.
Aveva
deciso che la mattina dopo sarebbe andato da Moira indossando
l’armatura atomica T-51b e le avrebbe detto che avrebbe fatto una prova
su strada del suo sidecar e che se lo avesse considerato sicuro lo
avrebbe utilizzato.
- Come si chiama si chiama, non stiamo ad arzifarequellacosachefatrecaniechemifaschifo3,
la cosa che conta è che Moira non è arrabbiata con te - gli disse
avvicinandoglisi - non è che ti amerei di meno se Moira ce l’avesse con
te, ma mi dispiacerebbe! -
-
Domani le chiederò di farmi provare quella cosa - le rivelò Watarù -
prenderò tutte le precauzioni, indosserò una delle armature più
resistenti che esistono e vedrò se quel sidecar può effettivamente
camminare senza esplodere! -
-
Non so perché ma lo immaginavo! - sorrise - E se hai paura che io
intenda fermarti, beh, non averne! So che starai attento, so che
eviterai di prendere rischi inutili e so che al primo cenno di problemi
mi prenderai e mi porterai lontano! -
- Ti porterò... - la guardò - lontano? -
-
Si, perché io sarò con te sul quel coso! - sorrise di nuovo - E’
l’unico sistema che conosco per essere sicura che tu non ti faccia
saltare in aria! -
Watarù
non tentò di replicare. Conosceva quello sguardo e sapeva che qualunque
cosa avesse provato a dire o a fare sarebbe stato inutile. Se Ran
prendeva una decisione era inamovibile.
- E adesso, ho voglia di un po’ di coccole! - disse infine abbracciando Watarù.
Per l'ambientazione e alcuni personaggi © Bethesda Softworks
Per la storia e i personaggi originali © 2013 suinogiallo
Note:
0 - 31.10.2008, si tratta della data di uscita di Fallout 3 in Europa
1
- nonostante in Fallout 3 e in New Vegas si vedano in giro decine di
carcasse di auto e di moto non esiste nessun mezzo di trasporto che il
giocatore può usare. In questo caso si tratta di una mia invenzione.
2 - potrebbe sembrare un refuso ma Ran ha davvero detto sidecat invece che sidecar.
3
- è una citazione dal primo racconto dedicato a Fallout 3 (avete mai
visto un albero) quando Watarù dice arzigogolare e Ran capisce che si
tratta di qualcosa di disdicevole.
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